Cantine 2020

Una manifestazione ampia, approfondita, trasversale, che ha come protagonista il “vino dei genovesi”: ciò che si beve oggi e ciò che si è sempre bevuto in questo territorio,  storicamente legato alle rotte commerciali e alle culture che si sono incrociate sotto la Lanterna. 

Tutte le cantine scelte sono interpreti moderni del vino contemporaneo, con la massima attenzione alla cura della vigna (diverse in regime biologico) e accomunate da una dimensione famigliare e artigianale.

aMaccia

Ranzo, nell’entroterra del ponente ligure, per noi ha sempre significato vino e olio. aMaccia, su 12 ettari di terreno, fa bene tutte e due le cose: Pigato e Rossese, vini DOC tipici liguri, e olio extra vergine di oliva monocultivar taggiasca. Esemplari liguri, potremmo dire.

Bruna

Per noi un punto di riferimento fondamentale sul Pigato, in ogni sua declinazione, dalle versioni leggiadre a quelle più complesse. I rossi sono sorprendenti per piacevolezza e ugualmente originali, gustosi.

Bruzzone

Se diciamo Coronata dobbiamo passare da Andrea: la sua cantina/enoteca a Bolzaneto è il cuore della denominazione. Un vino nostro, della città. Micro produzioni, siccome piccolo è bello qui è tutto bellissimo.

Cà du Ferrà

Bonassola è un po’ più a nord rispetto alle Cinque Terre. L’aria è quella, le uve sono Vermentino, Bosco, Albarola, ma la denominazione è quella del piccolo paese della riviera. I ragazzi di Cà du Ferrà sono giovani ma hanno raccolto il testimone di una tradizione produttiva antica e i risultati si stanno rivelando esaltanti.

Casa del Diavolo

La casa di campagna di un ragazzo di buona famiglia lombarda, storia classica da entroterra del Tigullio, diventa un laboratorio creativo per Bianchetta Genovese e un rosso a base Dolcetto molto succoso. Il ragazzo si trasferisce qui e tutto inizia pochi anni fa.

Cascina Praié

Nel meraviglioso mondo delle rifermentazioni naturali (tradotto dall’ostrogoto: sono vini frizzanti) Praiè ha qualcosa da dire con la sua Lumassina. Più che altro da bere, ma in modalità spensierata, tanto è leggiadra e golosa. E tutto il resto della produzione non è da meno.

Daniele Ronco

Daniele viene da una famiglia di olivicoltori – produce olio, soprattutto. Poi ci sarebbero quei due ettari scarsi di vigna, e da lì provengono un bianco e un rosso finti minimalisti (da uve Pigato, e Granaccia) che ci hanno fatto dire “hey, aspetta un attimo…”. Sorprendenti, è la parola giusta.

Grillo

Grillo è una realtà nuova nella zona del Dolceacqua (Rossese di). L’azienda in realtà fa olio, il vino è un fatto recente. Nel sito dell’oleificio si legge: “La passione per il nostro territorio ci ha invogliato a creare un’azienda vitivinicola, che si estende per due ettari, dove nasce la nostra produzione di Rossese”. Non male come minimalismo ligure, vero? Vi abbiamo incuriosito, dai.

I Cerri

Carro, nell’alta Val di Vara, è terra di confine, un po’ mare un po’ Appennino. E sulle alture di Carro l’azienda, in poco più di 15 anni di vita, ha aumentato via via la produzione, aggiungendo vigne acquisite in zona. Cerri è un fatto di passione, fortemente voluta dal suo fondatore, che ha visto pian piano crescere la produzione nel livello qualitativo, sperimentando anche vinificazioni tradizionali sempre e comunque precise ed eleganti.

La Bettigna

Un ettaro di vigna. Un solo vitigno coltivato, Vermentino, e un solo vino prodotto. Dai Colli di Luni ecco a voi l’essenza dell’unicità artigianale. Naturalità, poco interventismo in vigna e cantina e attenzione all’espressività del vitigno rendono Bettigna una chicca per i fortunati che la trovano.

La Felce

Un altro produttore che fa della naturalità un punto di partenza, arrivando ad esprimere personalità distinta, attraente, in ogni suo vino.

La Ricolla – Daniele Parma

Daniele è erede di una famiglia illustre di produttori della Val Graveglia. Vermentino e Bianchetta, Ciliegiolo. Poteva sedersi sugli allori ma no, comincia a sperimentare: vinificazioni sulle bucce, vini antichi. Cuore, follia, istinto. Tutto nel bicchiere.

La Vecchia Cantina Calleri

Il Rossese della Riviera è, (come dire?) il cugino di quello di Dolceacqua. O un parente, o un amico, insomma si conoscono ma non sono la stessa cosa. Qui a Salea nell’albenganese ce n’è uno che ci piace, assieme con Pigato e Vermentino.

Massimo Alessandri

Massimo fa Pigato, Vermentino, e coltiva anche Granaccia e Syrah per il suo rosso. E’ un’etichetta rara, non la troviamo facilmente e quando la troviamo ci piace ordinarla, perché i suoi vini rispecchiano il territorio di Ranzo, a ponente della nostra Riviera. Però siccome sono rari li abbiamo voluti qui al GWF. Eravamo stanchi di rincorrerlo, ecco.

Pino Gino

Sulla strada che da Sestri Levante porta al Valico di Velva, un po’ prima di svalicare, Antonella Pino coltiva i classici della zona – Bianchetta, Ciliegiolo, Vermentino, sempre inappuntabili. E pensa un po’, anche Moscato.

Possa

Uno dei produttori più espressivi delle Cinque Terre, con vini tesi, rispettosi della materia di provenienza, pieni di mare e luminosità. Poi anfore e altre sperimentazioni, tra nuovo e antichissimo.

Produttori Moscatello di Taggia

Nel 1500 era il vino dolce dei Papi. Quando tutto sembrava perduto, un manipolo di eroi ripesca le poche piante rimaste e riavvia la produzione. Oggi poco più di 10 produttori su circa 4 ettari riportano in vita un vino quasi dimenticato, glorioso e buonissimo.

Visamoris

Sarà la forza dell’amore, ma questi vini mostrano tutte e due le cose, una forza energica sui classici della Riviera di Ponente (ma pure bollicine!) e comunque amore e cuoricini.

Adriano Marco e Vittorio

«Nostro padre ci ha trasmesso il gusto per l’eccellenza. Ci ha insegnato i principi di fondo dell’attività agricola. Stava già facendo un ottimo vino». Se non bastassero le parole di presentazione del produttore, potremmo aggiungere: Barbaresco, Nebbiolo. Favolosi.

Canato Vini

Marco Canato conduce un’azienda, risalente al 1700, su 10 ettari, dove i vigneti vengono coltivati con metodo razionale per produrre uve di qualità, per fare vini pregiati con caratteristiche di originalità e tipicità. Piace il Grignolino? Eccone uno notevole.

Cascina Barisel

Moscato Bianco di Canelli: è il nome del vitigno che genera il vino dolce da festa per eccellenza. Barisel produce esattamente nell’area storica del Moscato di Canelli, e con qualche orgoglio. Ne propone una deliziosa versione passita. Poi fa un monumentale Barbera da vigne vecchie. E un metodo classico. Insomma, quasi tutto quel che vorremmo.

Cascina Gentile

Ovada e Gavi sono praticamente Genova, ecco. Sono il nostro entroterra. Cascina Gentile sta proprio là nel mezzo e fa Dolcetto di Ovada e Gavi. Fanno vini dagli anni ‘60 e, generazione dopo generazione, oggi su meno di 20 ettari hanno il meglio delle due denominazioni, dal rosso al bianco, pure Timorasso, e un passito da uve Cortese. 

Cascina Melognis

Provate a staccarvi dalla Langa. Melognis parla direttamente con i dirimpettai francesi in un’area che comprende la Valle Bronda e la dorsale collinare da Saluzzo fino a Busca. Con il Monviso che redarguisce dall’alto. Tanto vicini alla Francia che Michele ha impiantato, come se niente fosse, pure del Pinot Nero.

Ceretto

La famiglia Ceretto è un’altra istituzione. In Langa producono a livelli stellari i classici della zona, Barolo, Barbaresco, e una serie di rossi e bianchi che hanno fatto la storia (Blangé, un nome a caso). E per dare un po’ di numeri: “160 ettari di vigneti di proprietà, 4 cantine, 17 vini prodotti”. Siamo un bel po’ orgogliosi di averli tra noi.

Elena Patrone

“Passione, tradizione e professionalità sono i punti cardine dell’azienda, che nasce da un’esperienza centenaria nella coltivazione della vite in Alta Langa. Alla guida dell’azienda vi sono oggi due fratelli, Elena ed Enzo”. Questo si legge sul loro sito. Noi vi diciamo solo: Nebbiolo, Barbera, Dolcetto. E un metodo classico. E che vuoi di più.

Eraldo Revelli

Claudia Revelli produce Dogliani longevi e profondi, tra frutto e tannini, e a noi piace anche il loro inedito Langhe Rosso che è Barbera più…un po’ di Dolcetto. Classici di Langa.

Franco Roero

Si dice che i cani finiscano per assomigliare ai propri padroni, o viceversa. Alla Barbera di Franco Roero succede la stessa cosa. Franco è un vignaiolo schietto e diretto. Svettante, piemontese nei modi. Un autentico barberista e il suo vino è come lui.

Giacomo Fenocchio

Cinque generazioni di Barolo molto classici tra Bussia e Cannubi. Dice Claudio: “quello che ha plasmato la nostra azienda agricola di famiglia è il rispetto per il lavoro dei nostri antenati e la volontà di continuare questa tradizione”.

Giovanni Daglio

Uno dei più riconosciuti e più puri interpreti di quel grande autoctono tortonese rilanciato solo 30 anni fa, il Timorasso, di cui fornisce vini al tempo stesso potenti e profondissimi, con potenziale d’invecchiamento impressionante.

La Mesma

Quasi solo Cortese. Mesma è a Monterotondo, area vocata per il Gavi, e declina il vitigno in molti modi, tutti attraenti. Bianco saldo e teso, longevo, sia fermo che metodo classico, pure nella versione demi sec. E siccome non c’è solo Cortese, hanno anche un rosso a base Barbera, Merlot e Cabernet Sauvignon. 

Mariotto

Timorasso, poi Barbera, Croatina, ma anche Freisa, Cortese e Moscato. Le varietà piemontesi tipiche del tortonese coltivate in meno di 30 ettari da un artigiano che ha saputo esprimere, negli anni, livelli altissimi. Poi lui è un tipo, ma davvero. Come i suoi vini. Il carattere che passa dal vigneron al bicchiere.

Poderi Fogliati

Azienda giovanissima che produce Barolo a Castiglione Falletto. Annalisa Fogliati recupera pochi ettari di famiglia in una zona d’oro per la produzione di Barolo e Nebbiolo e (ri)esordisce nel 2020 con i suoi vini. Conduzione bio, legno grande, tradizione e stile. A Genova quindi abbiamo un’anteprima totale, da non perdere.

Produttori del Barbaresco

L’azienda che più di tutte ci stupisce per la capacità di mettere assieme volumi da cantina sociale e livelli pazzeschi sul vino. In fondo che ci vuole? Basta un controllo maniacale della materia prima (Nebbiolo! Barbaresco!) e uno stile esecutivo perfetto. Pare facile, eh? (Spoiler: no).

Scarpa

La storia dei grandi rossi dell’astigiano – Barbera, e non solo, abita qua. Qua transita, si ferma, beve una cosa, e riparte di slancio. Impossibile non amare i grandiosi vini di Scarpa, un blasone inossidabile che ispira ammirazione.

Alessio Brandolini

I vigneti sono in Oltrepò Pavese, San Damiano al Colle per la maggior parte, mentre in minor quantità nei comuni di Rovescala e Montù Beccaria, per un totale di 9 ettari. Le uve (Croatina, Uva Rara, Malvasia, Riesling, Chardonnay, Pinot Nero da bianco e rosso) danno vini precisi, eleganti.

Arcari e Danesi + Solouva

Due cantine separate ma un’unica entità, animate dalle rockstar, ovvero i ragazzi terribili di Franciacorta. La nuova interpretazione della bollicina italiana avviene col metodo SoloUva – fatevi spiegare cos’è da loro, perché bevendo quei Franciacorta formidabili la spiegazione è più divertente.

Scuropasso

«Qui, nella valle Scuropasso, è nato il metodo classico italiano», dice Fabio che ha una storia da raccontare (l’azienda è stata fondata nel ’62 dal padre e dal prozio e conferiva basi spumante a grandi nomi di Franciacorta e Piemonte) e un futuro da scrivere perché – ripete – «questo terroir ha una vocazione ancora inespressa».

Torre degli Alberi

Se dici Oltrepò Pavese pensi al Pinot Nero, quello da spumante, l’uva che dà le bollicine più esaltanti. Torre degli Alberi ha metodo classico dritti e setosi, e uno charmat lungo (con lunga presa di spuma) delizioso. E sono pure bio.

La Celata

Immagina che nel tuo vigneto trovino un’uva sconosciuta. Così sconosciuta che nemmeno il nome è noto. Alla fine possono solo fare una cosa: dargli il nome della famiglia di vignaioli proprietari di quella terra piacentina: Molinelli. E siccome è tutto vero, ecco a voi Ginetto Molinelli e i suoi vini (tra i quali, quello là).

Bele Casel

Se Prosecco Col Fondo (anzi “ColFòndo”) vi dice qualcosa, ecco, questo è l’autore. La sua bollicina del territorio di Asolo si chiama così perché… ha il fondo. Eh sì, dovete proprio scoprirlo. O ri-scoprilo. Assieme agli altri Prosecco.

La Dama

Un’interpretazione encomiabile dei vini della Valpolicella, in controtendenza alle grandi estrazioni, dolcezze e muscolarità che a volte li affliggono. Vini slanciati ed eleganti con una entusiasmante lettura del territorio.

Miotto

Altro interprete del cuore dei Prosecco non filtrati, ancora col suo fondo (e infatti si chiama “Profondo”), Andrea Miotto a Valdobbiadene ci fa sognare. Perché sì, il Prosecco ci piace, in tutte le varianti.

Mizzon

La storia dell’azienda Mizzon affonda le radici in una lunga tradizione contadina passata, nel secondo dopoguerra, dalla coltivazione di ortaggi e frutta a quella della vite. Le generazioni si susseguono, portando oggi un rinnovamento completo nella lavorazione, e affermando Mizzon tra le migliori produzioni della Valpolicella.

Kobler

Armin Kobler produce vini rigorosi: rigorosamente buoni. E longevi, eleganti, impeccabili, come il suo Gewurztraminer mai ridondante ma sempre preciso ed equilibrato, pure nell’aromaticità esplosiva. E che buono quel Merlot.

Pojer&Sandri

Marione Pojer è il frontman di questa azienda trentina che riesce nel nobile intento di fare molte cose, tutte molto bene. E’ una specie di vulcano, una ne fa e cento ne pensa. Dai bianchi fini e profumati ai rossi flessuosi, alle bollicine e via fino ai vini da dessert. Per non dire dei distillati – e siamo stati telegrafici. Da provare, tutto quanto.

Venica&Venica

Una sicurezza. Questo da sempre per noi rappresenta l’etichetta di Venica: certezza di livelli qualitativi elevati, forti come sono di una tradizione plurigenerazionale di culto del territorio. Una porta spalancata sul Collio friulano.

Fattoria dei Barbi

A parlare di storia con Stefano Cinelli Colombini gira un po’ la testa: in famiglia papi, santi, e una produzione che risale “solo” al 1790, ma hanno proprietà in Montalcino dal 1352. La nobiltà del Brunello passa di qui e la ritroviamo nel bicchiere.

Fattoria del Pino

Jessica a Montalcino coltiva solo Sangiovese. E che altro c’è da coltivare, del resto, là? Tre vigne che, a seconda dell’età e dell’esposizione, servono a produrre Brunello, Rosso e un IGT solo apparentemente “vino cadetto”. Perché il sangiovese, a Montalcino, scalpita di carattere, sempre. 

La Mirandola

L’azienda nasce negli anni ‘70, quando nonno Alfredo acquista una vecchia casa colonica assieme a pochi ettari di vigneto. La produzione di vino, anticamente ad uso familiare, è oggi continuata dal più giovane dei nipoti, Lorenzo, che cura le vigne che danno Chianti Classico (ma pure Cabernet e Merlot). “Clima, uomo e territorio sono gli ingredienti fondamentali”.

Antico Castello

Su circa dieci ettari a San Mango sul Calore (Avellino) la famiglia Romano conduce una piccola azienda specializzata nei vitigni locali: Aglianico, Fiano, Greco, Falanghina, in regime bio. Quindi amanti del Taurasi, fatevi avanti. E se non conoscete il Taurasi, fatevi avanti (bis). C’è anche un interessante Aglianico in versione liquore, e aromatizzato all’amarena. 

Il Feuduccio

Una famiglia di emigrati in Venezuela torna in Abruzzo e rifonda la vitivinicoltura nell’azienda in provincia di Chieti, tra la Maiella e l’Adriatico. Le nuove generazioni continuano a innovare, i rossi e i bianchi raccolgono premi, e noi volevamo qui un angolo di Abruzzo. Sempre a proposito di quelle storie che ci piacciono. 

Podere29

La prima volta che abbiamo assaggiato il suo Nero di Troia abbiamo capito subito che non sarebbe stata l’ultima. Rossi vigorosi, profondi di frutto e freschezza, durano un attimo nel bicchiere. Già finito. E poi fanno anche bianco.

Basilisco

Metti una ragazza genovese (Viviana) a dirigere un’azienda che produce Aglianico, nel Vulture, nelle storiche cantine scavate nel tufo. Pugno di ferro nel guanto di velluto, e una serie di rossi potenti e non dimenticabili. Vulcanici lo abbiamo ancora detto? Ecco.

Spiriti Ebbri

A parte il nome simpatico, che vabbè partiamo già bene, la storia di questi tre amici che cominciano a farsi il vino per casa, lavorando nei fine settimana, fino a diventare una realtà produttiva emergente, ci è piaciuta fin dal principio. I vini sono pure meglio della storia. Poi lieviti indigeni, poco interventismo di cantina, e quindi eccoli a voi.

Dettori

“Siamo piccoli artigiani del Vino e della Terra. Scusate, ma non seguiamo il mercato, produciamo vini che piacciono a noi, vini della nostra cultura. Sono ciò che sono e non ciò che vuoi che siano”. C’è scritto sulle etichette dei vini di Dettori. A noi è sembrato abbastanza, per raccontarlo.

Vigna du Bertin

Qui, ve lo confessiamo, c’è un fatto che risale alla Repubblica di Genova, quando Carloforte (che è in Sardegna) era abitata da genovesi, di Pegli – e infatti eccoli, i vini di Bertin, con nomi genovesi, perché là si parla ancora il nostro dialetto. Però non ci piacciono solo per il nome.

Francesco Guccione

La biodinamica spiegata bene da questo iconico produttore siciliano (siamo sotto Monreale, a nord ovest): “In biodinamica l’agricoltore deve avere un approccio che possiamo definire artistico, cioè la capacità di sentire quello che è veramente necessario per la propria vigna”. Vini personali e pieni di territorio.

Il GWF sarà anche una mostra-mercato: i vini saranno acquistabili